Marco Mazzi


Conversation#1



Marco Mazzi: Tu operi sia in ambito teorico che in ambito prettamente creativo, come saggista e come compositore di musica contemporanea o come poeta. Che cosa ti interessa e che cosa percepisci esserci in comune fra la composizione di un testo (musicale, letterario) e un saggio scientifico? cosa ti affascina della "composizione" in generale, intesa come creazione di un "tutto", creazione di un organismo testuale o musicale? Cosa ti affascina e cosa ti interessa della struttura interna, costitutiva, ritmica e progressiva, di un libro?

Marco Gatto: È una domanda molto complessa. Hai utilizzato una parola, “tutto”, che in me evoca significati, categorie, modi di intendere il lavoro culturale e, in generale, tutta la forza della dimensione umanistica. Il “tutto” è il “totale” che si costruisce. Nell’opera d’arte abbiamo la straordinaria possibilità di comprendere le ragioni di questa costruzione. Sia un testo musicale, sia un testo letterario, il momento dell’edificazione presuppone una dialettica tra l’immanenza del farsi-opera e la verticalità del punto d’arrivo. Guardo con scetticismo all’esistenza di un punto originario di avvio, di un colpo di fucile: il costituirsi di un “organismo”, come tu giustamente lo chiami, è sempre il frutto di una mediazione che di volta in volta si trasforma, e che è già in mutazione nel momento in cui sembra apparire. Questo mi affascina dell’esperienza estetica: il suo movimento, non certo la sua supposta stasi.

MM: La scrittura di Jameson e il suono "materiale" di Gould. Quando ho letto il tuo primo libro, quello su Jameson appunto, mi sono molto meravigliato di leggere, poco dopo, un libro su Gould. Sono due personaggi apparentemente distanti. Che importanza hanno avuto queste due grandi esperienze del pensiero e della musica sul tuo lavoro e sulla tua formazione?

MG: In fondo credo sia stata una specie di provocazione. Venendo dallo studio della tradizione materialistica, e avendo poi scelto di assumerne le ragioni in termini di militanza teorica, il mio obiettivo era quello di dimostrare la politicità di fenomeni che l’industriale culturale stava continuando a semplificare. Per me Gould è un umanista gramsciano, un musicista politico. Basterebbero queste affermazioni – che in fondo sono il succo della mia proposta interpretativa – a destare più di un sospetto. E in effetti ciò che si continua a pubblicare su Gould sembra dimenticare le ragioni più politiche della sua attività di interprete. Diciamo che l’approccio jamesoniano ai fenomeni culturali ha il merito di attualizzare una modalità dialettica di comprensione. Se si coglie l’esperienza estetica in una dimensione più ampia, valutando tutte le mediazioni che intercorrono tra particolare e universale, si scoprono questioni taciute, relazioni solo apparentemente paradossali.

MM: Parliamo del tuo impegno come filosofo e come teorico. Leggendo i tuoi libri, io ho percepito nel tuo lavoro un continuo fluire fra marxismo e fenomenologia, correnti di pensiero apparentemente distanti ma che hanno influenzato enormemente la modernità.
Alla fenomenologia, secondo te, può corrispondere (o è mai corrisposta) una "prassi", come corrisponde, (o come ci si è aspettato che corrispondesse) al marxismo? E' possibile pensare che la "prassi" più vicina alla fenomenologia e al pensiero fenomenologico sia riscontrabile nelle declinazioni di una certa psichiatria? E' possibile interpretare una certa psichiatria come una sorta di esito pratico, e forse anche pragmatico, della fenomenologia? E' opportuno invece imputare al marxismo un deficit per quanto riguarda una riflessione meno ideologica e più clinica sulla questione psichiatrica? 

MG: Non credo di avere gli strumenti per rispondere a una domanda così articolata. Permettimi di riportarla ad alcuni termini con cui ho familiarità. Partirei da una constatazione: per comprendere certe dinamiche del capitalismo contemporaneo e per rimodulare un materialismo che sia fondato su pratiche effettive di lotta all’alienazione, non possiamo non attingere al sapere dell’inconscio. Ciò significa prima di tutto non relegare la psicoanalisi – alla quale, qui, preferisco riferirmi – semplicemente a una prassi terapeutica, per quanto necessaria. Allo stesso modo, il marxismo ha bisogno di fare i conti con un suo deficit antropologico. Per alcuni, esso origina dal pensiero oggettivante di Marx; per altri, dal peso conseguito da un certo meccanicismo nella tradizione che fa capo al filosofo di Treviri. Eppure, il fondamento dialettico che sta alla base del materialismo pone in una relazione sempre viva la dimensione soggettiva e quella oggettiva, separate e unite a un tempo da un incredibile numero di mediazioni. Con la sola eccezione di Sartre, il secolo scorso si è poco interrogato su quanto fosse dannoso uno sbilanciamento sull’una o sull’altra dimensione. Gli ultimi trent’anni e più sono stati, poi, contrassegnati da un paradosso: da un lato, l’euforia per la fine del soggetto cartesiano, per la dissoluzione di una certa vetusta stabilità del prisma individuale; dall’altro, un tentativo di recuperare l’orizzonte dell’Io attraverso forme ilari, nichilistiche e leggere, alle quali assocerei anzitutto la semplificazione alla quale si è ridotta una riflessione sul corpo – non più la sede si una sintesi dialettica tra biologia e mente, ma una sorta di involucro che, a seconda dei casi, può trascorrere dal materialismo più gretto (“sono solo un corpo”) alla volatilità più assoluta. Un nuovo materialismo necessariamente oggi deve porsi il problema di un’avvertita decostruzione di questi consolidati luoghi comuni, partendo dall’idea che la relazione tra corpo e capitale si designa oggi attraverso forme di colonizzazione, e della mente e del corpo fisico-emozionale, molto agguerrite. Bisogna lavorare ancora tanto in questo senso.



Marco Gatto is Adjunct Professor of Literary Theory at University of Calabria - Department of Humanities. Among his books: Marxismo culturale. Estetica e politica della letteratura nel tardo Occidente (Quodlibet, 2012), Glenn Gould. Politica della musica (Rosenberg & Sellier, 2014), Nonostante Gramsci. Marxismo e critica letteraria nell’Italia del Novecento (Quodlibet, 2016) and Resistenze dialettiche. Saggi di teoria della critica e della cultura (Manifestolibri, 2018).